Introduzione

 

Al fine di introdurre il lettore agli argomenti trattati e sviluppati nell'ambito di questo lavoro, forniremo alcuni ragguagli preliminari sotto forma di cenni storici ed evolutivi riguardo i processi di mixing audio, in modo da rendere agevole la lettura e la comprensione del lavoro sviluppato in questa Tesi di Laurea.
Il contenuto di questo paragrafo vuole dunque introdurre il lettore alla conoscenza delle apparecchiature e delle tecnologie utilizzate nei processi di mixing audio, ripercorrendone brevemente il cammino evolutivo in modo da evidenziare quegli aspetti che hanno reso possibile la concezione e la realizzazione del sistema software per il mixing di processi MIDI: ciò costituisce il frutto del lavoro svolto nell'ambito di questa Tesi di Laurea.
Prima dell'estensione della tecnologia digitale alle apparecchiature musicali, il suono veniva trattato, prodotto e riprodotto utilizzando unicamente apparecchiature analogiche le quali presentano, per loro stessa natura, problemi di facile deteriorabilità del prodotto in termini di qualità sonora e, fatto assai più significativo, problemi di non replicabilità del suono codificato a meno di non accettarne i deterioramenti, anche se sempre più lievi, col progredire delle apparecchiature.
Inoltre, l'informazione sonora, una volta registrata (generalmente sotto forma di traccia magnetica su nastro audio) non poteva più essere modificata, se non a livello di filtraggio di questa da parte di appositi dispositivi (equalizzatori grafici o parametrici, ecc...) atti a enfatizzarne o inibirne le frequenze volute, all'interno della banda dell'udibile (20 - 20.000 Hz).
Non esisteva inoltre, se non attraverso rudimentali accorgimenti di triggering o più spesso manuali, la possibilità di sincronizzare e di riunire in un sistema integrato e coordinato le varie apparecchiature che venivano utilizzate per il trattamento, la produzione o la registrazione di segnali audio. In particolare il banco di mixing si limitava ad essere un complesso di hardware atto a bilanciare e livellare opportunamente il livello dell'intensità sonora di più sorgenti audio ad esso fornite in ingresso. Ciò al fine di ottenere, in uscita, un insieme bilanciato nelle sue singole componenti secondo i dettami impartiti da colui che effettua la cosiddetta operazione di mixing.
Per maggior precisione il banco di mixing trattava uno o più segnali audio (analogici), ad esso dati in ingresso, processandone il livello di volume ed, entro certi limiti, le caratteristiche timbriche, grazie alla presenza nei banchi stessi di un set di filtri lineari e parametrici, atti a modificare l'intervento delle frequenze e relative armoniche componenti il suono stesso.
Tutta l'operazione di mixaggio, in origine, veniva svolta manualmente. Risultava immediatamente chiara l'impossibilità di effettuare una copia identica di una sessione di mixaggio precedentemente portata a termine, dato appunto il carattere prettamente manuale che tale operazione presentava, fatto questo che ne inibiva inoltre la precisione di esecuzione. Al fine di superare queste limitazioni fu tosto introdotto un certo livello di automazione denominata automazione passiva dei controlli di volume e dei controlli di filtro dei banchi di mixaggio, che rese possibile memorizzare le variazioni di regolazione subite da tali controller, e quindi il tener traccia dei loro valori correnti.
Fu però l'introduzione della tecnologia digitale nelle apparecchiature audio ciò che rese possibile superare molte delle limitazioni precedentemente descritte, insite nella strumentazione di tipo tradizionale.
Grazie ai nuovi concetti alla base degli strumenti resisi disponibili e soprattutto al fatto di poter finalmente concepire un sistema di apparecchiature organico, flessibile e controllabile via elaboratore, con tutti i vantaggi che da ciò derivavano, si assistette ad un continuo progredire delle tecnologie applicate al settore musicale, fatto questo che ha permesso una sempre maggiore sofisticazione dei dispositivi prodotti.
Giunse poi il momento in cui divenne pressante l'esigenza di formalizzare un protocollo di comunicazione tra strumenti musicali, ormai giunti ad un livello di sofisticazione tale da poter essere effettivamente connessi tra loro in un sistema di rete.
Il protocollo tosto definito, chiamato MIDI, Musical Instruments Digital Interface, permise dunque una sempre più elevata possibilità di scambio e di rielaborazione di informazioni tra gli strumenti musicali collegati tra loro, via cavo MIDI.
Si raggiunse quindi lo scopo di realizzare uno standard di comunicazione tra le varie apparecchiature musicali, altrimenti destinate ad essere ciascuna un'entità a sè stante a causa delle ovvie differenze progettuali insite nella vastissima gamma di prodotti a oggi esistenti.
Dal punto di vista delle apparecchiature di mixing, l'impulso evolutivo da esse ricevuto si riscontra in una sempre più elevata automazione dei processi, e in una accresciuta possibilità di controllare anche dispositivi esterni, in maniera programmabile e flessibile, durante l'esecuzione delle sessioni di mixaggio.
Attualmente il grado evolutivo raggiunto vede, in riferimento alle più sofisticate apparecchiature esistenti, la possibilità di realizzare qualsiasi tipo di interconnessione fra queste oltre al fatto di poterle programmare con un grado pressochè assoluto di libertà e di poterle controllare via elaboratore in ogni momento, secondo qualsiasi tipo di esigenza o situazione.

 

Motivazioni

Dagli argomenti illustrati nella precedente sezione è ora possibile estrapolare quei fatti che costituiscono la base concettuale di tutto il lavoro svolto nell'ambito di questa tesi di laurea.
Il punto di partenza si riscontra nel fatto che l'evoluzione delle apparecchiature di mixing ha portato alla possibilità di rendere le stesse controllabili tramite elaboratore, conservandone tuttavia il tradizionale principio di funzionamento. Infatti è pur sempre il dispositivo di mixing a costituire il complesso di hardware fisicamente preposto a realizzare il processo di mixing, sebbene in una prima istanza manipolato dall'esecutore e controllato dall'elaboratore in una seconda. Quest'ultimo viene dunque utilizzato come apparecchiatura su cui memorizzare i dati emessi dal mixer in fase di editing del mixaggio e come strumento di controllo del banco di mixing in fase di esecuzione del mix.
L'idea innovativa alla base dello strumento realizzato nell'ambito di questa tesi di laurea, consiste nel cambiare il tipo di approccio appena descritto, modificando cioè la modalità di intervento dell'elaboratore e quindi il suo ruolo, nell'ambito di un processo di mix. Si prevede cioè, nella realizzazione di una sessione di mixaggio, la scomparsa della necessità di utilizzare un dispositivo apposito dotato dell'hardware adatto allo scopo, devolvendo la totalità delle mansioni, prima svolte dall'apposito dispositivo esistente (denominato mixer audio), all'elaboratore stesso.
Tutto questo è stato reso possibile, grazie al fatto che la codifica MIDI di una nota prevede, tra le varie altre informazioni trattate, anche quella di dinamica sonora o Key Velocity; questo parametro compare come ultimo byte di un pacchetto composto da tre bytes avente il nome di Evento Note On. Nella codifica MIDI un tale evento assume il significato, per lo strumento musicale MIDI che lo riceve, di esecuzione della nota (comando esplicitato nel primo byte del pacchetto), avente il numero d'ordine espresso dal secondo byte del pacchetto, con una dinamica avente il valore espresso nel terzo byte del pacchetto. Tale evento fa parte di un più vasto insieme di eventi MIDI che un qualsiasi strumento MIDI può ricevere o trasmettere.
Ebbene, è proprio il basarsi sul parametro di dinamica sonora ciò che rende possibile il fatto di poter concepire e progettare uno strumento software che svolga mansioni analoghe a quelle di un banco di mix tradizionale. Notoriamente la dinamica di un suono, che si misura in decibel (dB), esprime il rapporto esistente fra il picco massimo e il picco minimo dell'intensità di volume del suono emesso da una data sorgente sonora in risposta ad una sollecitazione. Tale entità risulta essere quindi strettamente correlata con l'intensità di un suono, sebbene una variazione nella dinamica comporti come effetto collaterale, ma entro certi limiti, una modificazione sul timbro del suono stesso.
Risulta comunque possibile, sotto opportune condizioni, concepire l'idea di intervenire proprio sul valore della dinamica ( 0 .. 127 secondo codifica MIDI ) al fine di ottenere un controllo sull'intensità di volume del suono che lo strumento musicale emetterà; risultato del tutto analogo a quello ottenuto in maniera tradizionale dai dispositivi di mixing esistenti, ma con le notevoli potenzialità e vantaggi aggiuntivi dovuti al fatto che l'operazione di mix è, in questo caso, completamente realizzata e controllata dall'elaboratore stesso.
Scopo della tesi è dunque la realizzazione di uno strumento software che fornisca al musicista la possibilità di eseguire ogni tipo di processo di mixaggio sonoro sul brano musicale da lui preso in esame, dove per mixaggio si intende un'operazione di opportuno e accurato bilanciamento fra diverse sorgenti sonore in termini di livello di intensità.
Lo strumento è stato realizzato nell' ambito del progetto di Sequencer per unità MIDI (Musical Instruments Digital Interface) e DSP (Digital Signal Processor). Il progetto, implementato da Andrea Ballista per quanto concerne il contesto riguardante le unità MIDI, e da Enea Casali per quanto concerne il contesto riguardante le unità DSP, è stato realizzato presso il L.I.M., Università degli Studi di Milano.
Lo strumento descritto in questa Tesi di Laurea è stato concepito in modo tale da costituire uno dei motivi di ampliamento ed innovazione presenti nel già citato progetto.
Esso, come già anticipato in termini generici, agisce direttamente su una specifica categoria di comandi MIDI fra quelli preventivamente registrati sulle tracce del Sequencer.
Per realizzare il mixaggio viene infatti presa in considerazione l'informazione MIDI di dinamica o Key Velocity associata ai comandi MIDI di NOTE ON. Questo comando MIDI è presente per ciascuna nota appartenente all'armonia o alla melodia della composizione memorizzata su Sequencer. Esso sarà trasmesso all'opportuno dispositivo MIDI che emetterà il suono in maniera adeguata ai parametri contenuti nel NOTE ON. Il compito di far cessare l'esecuzione viene invece svolto da un corrispondente comando MIDI di NOTE OFF.
L'approccio fin qui descritto costituisce dunque la parte saliente e innovativa della ricerca svolta al fine di ideare e realizzare lo strumento stesso, fatto questo che lo rende un prodotto originale rispetto a quelli già esistenti. Tale strategia permette infatti di modificare l'informazione sonora, rendendola 'intrinsecamente' bilanciata e grazie ad essa, il bilanciamento diviene così patrimonio informativo direttamente a disposizione dello strumento musicale che quindi eseguirà la parte rispettando assolutamente i dettami di bilanciamento.
Il vantaggio ottenuto si riscontra quindi nell'avere un elevato grado di libertà rispetto alle caratteristiche peculiari dei dispositivi utilizzati dal sistema. Il risultato finale consiste in un opportuno ed adeguato bilanciamento sonoro dell'insieme degli strumenti musicali che eseguono il brano, e ciò grazie al fatto che ciascuno di essi è, una volta elaborata l'informazione di dinamica, in grado di adattare il proprio livello sonoro in funzione del contesto generale, secondo i dettami del gusto del musicista che ha eseguito il mixaggio.
Per realizzare lo strumento secondo l'approccio descritto è stato dunque effettuato, durante la fase di progetto, uno studio concernente il comportamento della variazione di intensità sonora e timbrica di alcuni strumenti musicali presi in esame, in funzione del valore del parametro MIDI di dinamica, al fine di tarare l'algoritmo di calcolo per il nuovo codice di dinamica in maniera opportuna e di poter fissare la gamma dei valori utili di quest'ultimo, al fine di garantirne la consistenza.
L'esigenza di tale studio nasceva dal fatto che la dinamica di un suono è, ribadiamolo, fortemente correlata con la timbrica dello stesso, oltre che con la sua intensità. L'indagine svolta in tal senso, verteva appunto ad acquisire nozione di quale sottoinsieme di valori del range dinamico (da 0 a 127 secondo codifica MIDI) si dimostrasse adatto ai fini della realizzazione dello strumento, tenendo presente il privilegio di intervento sull'intensità sonora rispetto a quello sulla timbrica.
Nell'ambito del presente lavoro e al fine di renderlo il più generalmente fruibile, è stata implementata l'importabilità e l'esportabilità delle informazioni MIDI da parte dell'elaboratore. A tale scopo è stata realizzata una libreria di scrittura e lettura di Standard MIDI File di formato 0, 1 e 2, secondo lo standard 1.0 implementato dalla International MIDI Association. Tale libreria è composta da 3 Unità: una di scrittura, composta da 25 routine, una di lettura composta da 20 routine ed una di import di Standard MIDI File; nell'insieme essa è stata concepita come entità a sè stante, in modo da renderne possibile l'utilizzo da parte di tutti quei moduli software che necessitino l'import o l'export di Standard MIDI File, ed è, nel caso specifico dell'Applicazione di Sequencer, parte integrante di questa al fine di renderla compatibile con il mondo MIDI esterno.
L'esigenza di realizzare tale libreria nasce dal fatto di dover standardizzare le informazioni MIDI secondo i criteri della massima esportabilità ed importabilità, sia nei confronti dei prodotti realizzati presso il L.I.M., sia nei confronti di tutti quei prodotti software provenienti dal mondo esterno; si rende così possibile lo scambio di informazioni tra i diversi prodotti e si realizza un accresciuto livello di compatibilità tra questi.
Tutto ciò fornisce al progetto svolto ulteriore potenza ed è garanzia di flessibilità e di elevato grado di apertura dello stesso verso il mondo esterno.